Infortunio mortale del dipendente di fatto. La normativa antinfortunistica si applica anche quando l’attività lavorativa è espletata per amicizia, riconoscenza o altro titolo

25 March 2014

B.B., amico del titolare dell’impresa e dipendente di fatto, era morto investito dal furgone aziendale, parcheggiato su un fondo agricolo in pendenza, durante le operazioni di scarico del veicolo. Per questo A.A., titolare dell’attività, è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo, per imprudenza e negligenza e inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base all’articolo 589 del Codice penale. Dopo che la condanna è stata confermata in Appello, ora la Cassazione, con sentenza n.48533 del 6 dicembre 2023, ha rigettato il ricorso.

L’incidente sul lavoro

A.A., proprietario di un’azienda pirotecnica, si era recato, accompagnato da suoi dipendenti e dall’amico B.B., in una località dell’Avellinese, dove era in programma uno spettacolo di fuochi d’artificio, allestito dalla sua impresa. Giunto sul posto, aveva parcheggiato il furgone – un mezzo in modesto stato di manutenzione – su un campo con una pendenza pari al 10 per cento. Nonostante il veicolo non fosse dotato di un sistema di stazionamento sufficiente, non aveva pensato di bloccarlo con cunei ferma-ruote, che peraltro non custodiva a bordo.

Alle operazioni di scarico dei materiali pirotecnici B.B., pur non in veste di dipendente, aveva partecipato attivamente, indossando anche la divisa e i guanti della ditta. Intanto, a motore spento e senza nessuno al volante, l’autocarro aveva cominciato a scivolare all’indietro, prendendo velocità. B. B. era stato travolto dal mezzo e scaraventato al suolo. Le equipe di soccorso, tempestivamente allertate e intervenute, avevano solo potuto constatarne il decesso.

Dopo i fatti, A.A. è stato indagato, rinviato a giudizio e infine riconosciuto responsabile del reato di cui all’art.589 del Codice penale, per colpa consistita in imprudenza e negligenza nonché nell’inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Infortunio mortale. Quali le responsabilità del datore di lavoro?

La sentenza di condanna si fonda su tre motivazioni. Ad A.A. viene contestato di avere utilizzato un mezzo inadeguato a una sosta in pendenza, di non avere predisposto le minime misure precauzionali per bloccarlo e di avere omesso qualsiasi azione di sicurezza, volta a garantirne una maggiore stabilità, violando così il disposto del D.Lgs 81/2008, articolo 18 lett. e). Inoltre, nell’area a rischio B.B. non avrebbe potuto assolutamente accedere, perché, a differenza dei dipendenti della ditta, non aveva ricevuto adeguate istruzioni e addestramento.

La competente Corte di Appello di Napoli, pur riformando il trattamento sanzionatorio, ha confermato il pronunciamento del Tribunale di Avellino.

Contestata l’aggravante della violazione della norma antinfortunistica

In aperto contrasto con la decisione dei giudici, la difesa di A.A, ha impugnato però la condanna. In particolare, è stata contestata l'applicazione dell'aggravante antinfortunistica, sostenendo che “l'aggravante prevenzionistica non si sarebbe dovuta configurare, in quanto, pur in presenza delle condizioni che normalmente si associano al rischio lavorativo, quali il contesto aziendale o l'evento in danno di un dipendente, il rischio inveratosi non poteva qualificarsi come rischio lavorativo”. Nel contesto di una ditta specializzata in fuochi d’artificio - in ragione delle caratteristiche dell'attività imprenditoriale esercitata dall'accusato - il rischio lavorativo specifico, per cui mettere in atto misure precauzionali, è infatti quello dell’esplosione del materiale pirotecnico e non il rischio connesso alla circolazione stradale, situazione che è invece alla base della morte di B.B.

La Corte di Cassazione conferma la violazione della norma antinfortunistica

Con la sentenza in commento, la Cassazione ha chiarito che la circostanza della morte di una persona, travolta da un furgone aziendale parcheggiato in forte pendenza e senza adeguati sistemi di stazionamento, si configura de facto come violazione della norma antinfortunistica. Si legge nelle motivazioni: “… non è condivisibile quanto evidenziato dalla difesa, ossia che il rischio concretizzatosi nell’evento che ha condotto a morte la vittima sarebbe stato erroneamente qualificato come rischio lavorativo. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la normativa antinfortunistica è applicabile anche qualora vi sia espletamento di attività lavorativa per amicizia, riconoscenza o ad altro titolo, purché la prestazione sia posta in un ambiente che possa definirsi “di lavoro”.

Per quanto sia condiviso l’orientamento secondo il quale la normativa antinfortunistica sia destinata a tutelare anche i terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, allorquando le lesioni o l’omicidio colposo dei medesimi derivino dalla violazione di tale normativa e sussista un legame causale tra la condotta del datore di lavoro e l’evento…recentemente è stato precisato che “è ben possibile che nell’evento sia concretizzato il rischio lavorativo anche se avvenuto in danno del terzo, ma ciò richiede che questi si sia trovato esposto a tale rischio alla stessa stregua del lavoratore. Per tale motivo in positivo, vengono richieste condizioni quali la presenza non occasionale sul luogo di lavoro o un contatto più o meno diretto e ravvicinato con la fonte di pericolo; e, in negativo, che non deve avere esplicato i suoi effetti un rischio diverso” (cfr. Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997, in motivazione).

Da ciò ricavandosi il generale principio secondo cui: “Ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante del ‘fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro’ è necessario che venga violata una regola cautelare volta a eliminare o ridurre lo specifico rischio, derivante dallo svolgimento di attività lavorativa, di morte o lesioni in danno dei lavoratori o di terzi esposti alla medesima situazione di rischio e pertanto assimilabili ai lavoratori, e che l’evento sia concretizzazione di tale rischio “lavorativo”, non essendo all’uopo sufficiente che lo stesso si verifichi in occasione dello svolgimento di un’attività lavorativa” (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997).

La motivazione offerta nella sentenza impugnata soddisfa i requisiti che giustificano l’applicazione della circostanza aggravante, avendo identificato come ambiente di lavoro il fondo agricolo sul quale era stato parcheggiato il furgone utile al trasporto del materiale pirotecnico che, per sua naturale destinazione, deve essere utilizzato all’esterno dell’area di produzione. È stato, dunque, logicamente valutato che l’ubicazione del mezzo in quel luogo, caratterizzato da forte pendenza, fosse strettamente funzionale allo svolgimento dello spettacolo pirotecnico, conseguendone che il rischio concretizzatosi sia dipeso dalla violazione di un precetto rivolto alla tutela della salute dei lavoratori, in quanto esso è scaturito dallo svolgimento di attività pirotecnica e dall’inappropriato stazionamento del mezzo a tale attività funzionale, come pacificamente emergente dalle conformi decisioni di merito …”

 


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