Il sindaco non risponde degli infortuni in Municipio, se trasferisce le funzioni datoriali

08 April 2024

Il Sindaco ricopre la funzione di datore di lavoro per i dipendenti del suo Municipio. Risulta quindi responsabile per eventuali infortuni occorsi in orario di servizio? La risposta è sì, ma con non trascurabili distinguo. Come si legge nella sentenza della Cassazione Penale, Sez. 3, 11 dicembre 2023, n. 49041, il primo cittadino - “ove abbia provveduto all'individuazione dei soggetti cui attribuire la qualità di datore di lavoro, risponde per l'infortunio occorso al lavoratore solo nel caso in cui risulti che egli, essendo a conoscenza della situazione antigiuridica inerente alla sicurezza dei locali e degli edifici in uso all'ente territoriale, abbia omesso di intervenire, con i propri autonomi poteri, atteso che con l'atto di individuazione, emanato ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, art. 2, comma 1, lett. b), vengono trasferite al dirigente pubblico tutte le funzioni datoriali, ivi comprese quelle non delegabili, il che rende non assimilabile detto atto alla delega di funzioni disciplinata dall’art. 16 del medesimo D.L..

Il fatto: la condanna del sindaco di Torregrossa

Con sentenza del 18 ottobre 2022, il tribunale di Messina aveva ritenuto responsabile A.A., sindaco di Torregrossa, nella sua qualità di datore di lavoro del personale del Municipio, di una pluralità di violazioni del D. Lgs 81 del 2008. Quattro i capi di accusa:

  • Capo a, mancata redazione del Documento di violazione dei rischi (DVR)
  • Capo b, mancata nomina del Responsabile del servizio prevenzione e protezione
  • Capo c, mancata nomina del medico competente per la sorveglianza sanitaria
  • Capo d, mancata informazione dei lavoratori sui rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro

Perché l’impugnazione della condanna?

L’impugnazione proposta nell’interesse di A.A. eccepiva un vizio di motivazione per l’erronea equiparazione del sindaco al “datore di lavoro” in materia di sicurezza. La Difesa di A.A. censurava in particolare il mancato apprezzamento della documentazione prodotta in giudizio, a dimostrazione del fatto che il Sindaco aveva designato il dirigente dell'Amministrazione, ing. B.B., come datore di lavoro dei dipendenti dell'Ente, dotandolo di autonomi poteri di gestione e di spesa.

Nello specifico, si è fatto riferimento alla determinazione sindacale con cui era stata attribuita a B.B. la responsabilità della divisione "Territorio e Ambiente" e la delibera comunale di approvazione del bilancio, con l’accantonamento di risorse per la tutela della sicurezza e dell'igiene sui luoghi di lavoro (riconducibili, appunto, all’area diretta da B.B.).

Il Difensore insisteva in particolare sul fatto che a B.B. fossero anche stati conferiti poteri decisionali e di spesa propri del datore di lavoro per i settori di sua competenza - con la conseguente sussistenza di un'autonoma posizione datoriale e sottolinea l’errore di diritto in cui era caduto il Tribunale nel richiamare la disposizione sui poteri non delegabili, in quanto si trattava non già di una delega del D.Lgs. n., ex art. 16, (con la conseguente coesistenza di due figure, il delegante e il delegato), ma di una designazione del datore di lavoro nell’ambito di una pubblica amministrazione, con la conseguente sussistenza di un’autonoma posizione datoriale, cui dovevano ritenersi inapplicabili i limiti di delega di cui all’art. 17.

Per altro verso, la Difesa ha obiettato sulla sentenza anche per aver ricondotto il trasferimento di funzioni all'istituto della delega, disciplinato dall'art. 16 del D.Lgs. n. 81. È stata infatti sostenuta la configurabilità di una autonoma posizione datoriale in capo a B.B., come effetto della formale designazione da parte del sindaco, con conseguente autonomia di poteri di gestione e di spesa. Doveva ritenersi perciò erroneo, ad avviso del ricorrente, il richiamo all'art. 16 e ai limiti ivi previsti per l'esercizio del potere di delega.

Perché il Procuratore Generale chiede il rigetto del ricorso?

Il Procuratore Generale della Suprema Corte chiedeva il rigetto del ricorso, rilevando che il mandato di B.B. non prevedeva nello specifico anche la mansione di datore di lavoro, con la conseguente persistenza sul sindaco degli obblighi datoriali.

 

Perché in primo grado il Sindaco era stato ritenuto penalmente responsabile delle violazioni?

Il percorso argomentativo della sentenza di primo grado era volto ad affermare per i dipendenti del Comune l'identificazione del sindaco con la figura del "datore di lavoro" - con tutte le relative ripercussioni in ordine alla sua responsabilità penale. Fondamentale per la valutazione del giudice è stata l’inesistenza di valide deleghe ad altri soggetti, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 16 D.Lgs. 81/08.

In tale prospettiva, il Tribunale aveva ritenuto irrilevante la documentazione offerta in giudizio dalla difesa, volta a comprovare che in realtà la posizione datoriale era stata attribuita all'ing. B.B. Si era anzi conclusivamente precisato che "ammessa e non concessa l'eventualità di una valida delega di funzioni dal sindaco A.A. al dirigente B.B., la prospettazione difensiva non sarebbe stata comunque accoglibile, sia per l'impossibilità di estendere la delega agli adempimenti di cui alle lettere a) e b) dei capi di accusa, sia perché la delega non avrebbe comunque comportato, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 16 comma 3, l'esonero del garante originario da ogni incombenza (determinandosi piuttosto la trasformazione di un obbligo di garanzia in un obbligo di vigilanza).”


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